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Sanzione della radiazione dall'albo irrogata senza una adeguata motivazione

Sanzione della radiazione dall'albo irrogata senza una adeguata motivazione

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con la recente sentenza n. 28393.23, depositata l’11.10.23, ha affermato che, in linea generale, spetta al competente Ordine professionale l'apprezzamento della gravità del fatto e della condotta addebitata all'incolpato, elementi rilevanti ai fini della scelta della sanzione più opportuna da irrogare. Ha precisato però la Suprema Corte che questa scelta deve essere adeguatamente motivata e non irragionevole nella sua misura.

In sostanza, dovendo la sanzione rispondere al criterio di proporzionalità e potendo essa incidere su valori primari della persona (il lavoro, la dignità e la reputazione etc.), è necessario che la gravità dei fatti sia valutata in rapporto alla loro portata oggettiva, alla natura e all'intensità dell'elemento psicologico del comportamento contestato, unitamente ai motivi che l’abbiano ispirato, in relazione alla pregressa attività professionale e agli eventuali precedenti disciplinari, dovendo – in particolare - darsi conto delle ragioni per cui sia stata congrua la più grave sanzione applicabile e non adeguata una meno lieve.

La Cassazione ha quindi cassato la decisione impugnata in quanto non ha spiegato perché la radiazione fosse la misura più congrua e perché non fosse giustificata una misura più lieve, in rapporto di adeguata proporzione con la rilevanza del fatto contestato al professionista (in questo caso, non esercente una professione sanitaria).

Appare opportuno sottolineare che l’art. 4 della l. n. 3/2018 prevede che gli Ordini delle professioni sanitarie vigilano sugli iscritti agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività professionale, compresa quella societaria, “irrogando sanzioni disciplinari secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell'illecito, tenendo conto degli obblighi a carico degli iscritti, derivanti dalla normativa nazionale e regionale vigente e dalle disposizioni contenute nei contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro.”

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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