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Processo penale a carico di un infermiere accusato di avere indotto una paziente a subire atti sessuali

Processo penale a carico di un infermiere accusato di avere indotto una paziente a subire atti sessuali

La competente Corte d’Appello, in sede di rinvio operato dalla Cassazione, giudica un infermiere addetto al triage presso un P.S. di un ospedale colpevole del delitto, di cui agli artt. 609 bis e septies c.p., per avere indotto una paziente a subire atti sessuali (esplorazione rettale sul corpo dell’assistita), traendola in inganno circa le sue competenze professionali, confermando sul punto la sentenza del GUP del Tribunale. Il giudice d’appello, invece, in parziale riforma della suddetta decisione del GUP, dichiara estinti per prescrizione gli altri due reati contestati, di esercizio abusivo dell’esercizio della professione medica in relazione alla visita medica eseguita (art. 348 c.p.) e di falso ideologico avendo omesso di attestare nel verbale di P.S di avere proceduto all’esecuzione di questa visita (art. 479 c.p.).

L’imputato, condannato alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione per il delitto di cui agli artt. 609 bis e septies c.p., ricorre in cassazione protestando la propria innocenza con una serie di motivi.

La Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con la recente sentenza n. 41845/2023, depositata il giorno 16.10.23, annulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione, con conseguente rinvio ad altro giudice d’appello, in quanto ritiene che non è stata adeguatamente vagliata l’ipotesi sostenuta dalla difesa che l’infermiere potesse avere realizzato abusivamente solo un atto medico con una finalità diagnostica/terapeutica, senza il soddisfacimento di una propria brama sessuale.

D’altra parte, dalla narrazione della parte lesa appare emergere che la paziente non aveva percepito alcuna violazione della propria sfera sessuale durante l’espletamento della visita rettale, né percepito il perseguimento di una finalità libidinosa da parte dell’infermiere.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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