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Rifiuto indebito del radiologo di eseguire in via d’urgenza una TAC con contrasto

Rifiuto indebito del radiologo di eseguire in via d’urgenza una TAC con contrasto

Un medico radiologo di turno di pronta disponibilità presso il Pronto Soccorso di un ospedale viene chiamato a rispondere dei delitti, di cui agli artt. 328 e 589 c.p., per essersi rifiutato di eseguire in via d'urgenza una TAC con mezzo contrasto su un paziente successivamente deceduto per shock cardiogeno da coagulazione intravascolare disseminata e poi assolto dal Tribunale con la formula "il fatto non sussiste" da tutte le ipotesi delittuose all'esito di una lunga e complessa istruttoria.

La sentenza di primo grado viene appellata solo dalle parti civili e la Corte d’Appello in riforma della decisione del Tribunale, senza procedere a una nuova istruttoria, condanna il radiologo a risarcire alle suddette parti civili il danno cagionato dalla condotta omissiva contestata come violazione dell'art. 328 c.p. ritenendo sussistente la configurabilità dell’elemento soggettivo di questo delitto, esclusa invece dai primi giudici.

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la recente sentenza n. 41387/2023, depositata il 12.10.23, rigetta il ricorso del medico, confermando la correttezza della decisione impugnata.

La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha evidenziato che da entrambe le sentenze di merito si evince che il paziente si era recato alle ore 21,00 al Pronto Soccorso accusando dolore al basso addome e, in triage, gli veniva assegnato un codice verde; veniva poi affidato a un sanitario che lo sottoponeva a esami medici tra i quali un’ecografia all'addome che evidenziava un problema renale. Contattato un nefrologo, quest’ultimo suggeriva di effettuare una visita urologica, ma il paziente firmava per la dimissione e si allontanava alle 00,45, salvo tornare in Pronto Soccorso qualche ora dopo (specificamente alle 4,00), lamentando un dolore in sede inguinale sinistra e un deficit degli arti inferiori; che il sanitario di turno, in considerazione del fatto che, al suo primo accesso il paziente aveva lamentato dolore, invece, nella parte inguinale destra, controllava i polsi femorali del paziente, registrando una pressione arteriosa inferiore al normale; che il neurologo ricontattato consigliava di effettuare una TAC cranio e una TAC di rachide dorso-lombare, esami che davano un esito negativo; che il chirurgo di turno, sospettando una dissecazione dell'aorta, concordava insieme al sanitario del P.S. sulla necessità di effettuare una TAC urgente all'addome con mezzo di contrasto, ma il radiologo mostrava di non condividere la diagnosi del collega e comunque si rifiutava di effettuare la TAC senza prima avere i risultati del test di Bence Jones, nonostante l'insistenza del collega che decideva quindi di annotare l'opposizione sulla cartella clinica (alle ore 5,35) ed effettuava l'esame propedeutico richiesto dal radiologo che dava esito negativo, comunicato alle ore 06,10 circa; che il radiologo si rifiutava nuovamente di procedere all'accertamento, affermando che, vista l'ora, tanto valeva aspettare il medico del turno successivo, previsto per le ore 8.00; che l’esame veniva eseguito dal primario di radiologia recatosi prontamente in ospedale dopo esser stato contattato alle ore 07,00 e la TAC con liquido di contrasto confermava la diagnosi di dissecazione dell’aorta; che il paziente veniva trasportato d’urgenza in altro ospedale attrezzato per l'intervento chirurgico necessario e vi decedeva a causa di complicanze.

Ciò premesso, la Cassazione ha osservato che nessuna rinnovazione dibattimentale si imponeva in appello nel caso di specie dato che le dichiarazioni di testi e consulenti, cui fa riferimento il ricorrente nell'atto di impugnazione, erano già state utilizzate dai giudici di primo grado a supporto della configurabilità dell'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 328 c.p.; che in effetti il giudice d’appello, a differenza del Tribunale, ha giustamente evidenziato il carattere pretestuoso e indebito del rifiuto espresso dal radiologo che - escluso il paventato rischio di complicanze legate all'uso del mezzo di contrasto - aveva il dovere di effettuare con urgenza l'accertamento diagnostico mediante TAC a fronte della richiesta che continuava a essere reiteratamente e con insistenza espressa da due colleghi specialisti (i quali avevano esperito svariati esami e svolto una conseguente analisi differenziale). 

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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