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Il delitto di abbandono di persona incapace di provvedere da sé alla propria incolumità

Il delitto di abbandono di persona incapace di provvedere da sé alla propria incolumità

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 12733/2024, depositata il giorno 27.03.24, accogliendo il ricorso delle imputate avverso la decisione del giudice di appello che aveva confermato la condanna loro inflitta in primo grado in ordine al reato di cui all’art. 591 c.p. per avere abbandonato una bimba di circa 19 mesi di cui avevano la custodia, annulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione, con rinvio per un nuovo giudizio ad altro giudice in grado di appello.

La Suprema Corte osserva, in particolare, che l’elemento oggettivo del reato di cui all'art. 591 c.p. è integrato da qualsiasi condotta, attiva o omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo (anche meramente potenziale) per la vita o l’incolumità del soggetto passivo incapace di provvedere a sé stesso; che questo dovere giuridico di custodia può sorgere non solo da obblighi giuridici formali, ma anche da altre situazioni di fatto, mentre il dovere di cura sorge solo in seguito a relazioni che scaturiscono da valide fonti giuridiche formali; che l’elemento psicologico del delitto di cui all'art. 591 c.p. è rappresentato dal dolo generico consistente nella coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto, che non ha la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui il custode/curante ha l’esatta percezione; che nella fattispecie i giudici di merito hanno trattato in maniera identica le posizioni delle imputate, mentre il principio costituzionale della responsabilità personale, in presenza di situazioni personali diverse, impone una attenta disamina e una differenziazione in rapporto all’attualità del dovere di cura e di custodia gravante su ciascuna; che, inoltre, la carenza maggiore di motivazione si manifesta laddove viene esaminato l’elemento psicologico del delitto di cui all’art. 591 c.p. che viene ritenuto sussistente attraverso un astratto riferimento all’accettazione del rischio di caduta della bimba (poi verificatosi), senza alcun esame del reale atteggiamento psichico di accettazione e consapevole adesione allo specifico evento lesivo, per il caso che avesse a realizzarsi; che, pertanto, il giudice d’appello non ha correttamente motivato in punto sussistenza del dolo eventuale che, a differenza della colpa cosciente, presuppone che l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento lesivo e si sia determinato comunque ad agire anche a costo di cagionarlo, in quanto lo ha preventivamente accettato.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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