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Falso in atto pubblico

Falso in atto pubblico

Dopo un intervento chirurgico di asportazione della tiroide, si verifica un'emorragia post-operatoria (dovuta al sanguinamento di un vaso arterioso, che aveva compresso la trachea all'interno di uno spazio ridotto e chiuso, quale è la loggia tiroidea) che provoca un'insufficienza respiratoria progressiva e prolungata che induce un danno ischemico cerebrale e il conseguente decesso del paziente. 

Il medico di turno in questa fase (dr. XZ), secondo la tesi accusatoria ritenuta fondata dai giudici di primo e secondo grado, in violazione delle norme della scienza medica e dei protocolli in uso che imponevano il monitoraggio costante del paziente dopo l'intervento chirurgico (e nonostante le ripetute sollecitazioni dei familiari, che rappresentavano svariati malesseri manifestati dal paziente al rientro dalla sala operatoria), omette di verificare ed eliminare la causa del sanguinamento, con conseguente compressione della trachea del paziente dalla quale deriva l'insufficienza respiratoria progressiva, divenuta poi irreversibile, con conseguente arresto cardiaco che, nonostante il successivo intervento d'urgenza, causa comunque il decesso della vittima. Il predetto medico, unitamente a un collega (dr. KK) ivi presente, decidono quindi di sopprimere l’originale diario clinico nella parte relativa al resoconto di quanto verificatosi nella fase postoperatoria, sostituendo la pagina soppressa con altre, contenenti indicazioni di circostanze difformi al vero, allo scopo di cercare di evitare che la morte del paziente potesse essere causalmente ricollegata al ritardo nella rilevazione e nella rimozione dell'ematoma.

Il dr. XZ viene giudicato responsabile dei delitti di omicidio colposo (art. 589 sexies c.p.), soppressione di atto pubblico (art. 490 c.p.) e falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), e condannato alla pena ritenuta di giustizia, mentre il collega dr. KK viene condannato solo per questi ultimi reati, con sentenza del Tribunale confermata in appello. Entrambi ricorrono in cassazione protestando a vario titolo la loro innocenza.

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 41710/2023, depositata il giorno 13.10.23, annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, nei confronti del dr. XZ limitatamente al reato di cui all'art. 589 c.p. perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi sei di reclusione; dichiara inammissibile nel resto il ricorso del predetto medico, confermando peraltro le statuizioni della sentenza impugnata sugli interessi civili anche con riferimento al delitto prescritto; dichiara inammissibile il ricorso del dr. KK; condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di lite sostenute nel giudizio di legittimità dalle parti civili.

La Suprema Corte, dopo avere riformato la sentenza d’appello solo ai fini penali per l’intervenuta prescrizione del delitto di omicidio colposo, ha ritenuto in sostanza corretta la motivazione dei giudici di merito in punto responsabilità degli imputati in relazione ai reati loro rispettivamente ascritti.

Anche questa vicenda processuale dimostra che non conviene mai cercare di nascondere una responsabilità per un delitto colposo, commettendone altri di natura dolosa come nella fattispecie.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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