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Morte del paziente dipendente anche, ma non solo, dall'errore medico

Morte del paziente dipendente anche, ma non solo, dall'errore medico

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la recente sentenza 26851/2023, depositata il giorno 19.09.23, ha riaffermato il principio in base al quale, qualora la produzione di un evento dannoso risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta del medico e di una causa naturale (cioè allo stato patologico non riferibile alla prima), l'autore del fatto illecito risponde in toto, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale, dell’evento di danno eziologicamente riconducibile alla sua condotta, a nulla rilevando l’eventuale efficienza concausale anche degli eventi naturali.

Questi ultimi possono invece rilevare sul piano della causalità giuridica, ex art. 1223 cod. civ., ai fini della liquidazione, in chiave complessivamente equitativa, dei pregiudizi conseguenti, ascrivendo al medico (autore della condotta colposa) un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose da rapportare, invece, all’autonoma e pregressa situazione patologica del danneggiato, non eziologicamente riferibile, cioè, a negligenza, imprudenza o imperizia del sanitario.

In sostanza, secondo i giudici della Suprema Corte, solo l’accertamento processuale della rilevanza esclusiva del fattore naturale comporta il rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata da un paziente in quanto esclude tout court il nesso di causa tra condotta umana ed evento.

Ha aggiunto la Cassazione che in via generale deve essere affermato il principio secondo il quale, quando sia certo che la condotta del medico abbia provocato (o provocherà) la morte anticipata del paziente, la morte stessa diviene, di regola, evento assorbente di qualsiasi considerazione sulla risarcibilità di chance future.

Solo in via eccezionale si può derogare a questo principio qualora il competente giudice di merito ritenga, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che, oltre al tempo determinato di vita anticipatamente perduta, esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, una seria, concreta e apprezzabile possibilità (sulla base dell’eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico) che, oltre quel tempo, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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