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Medico condannato per corruzione e falso ideologico

Medico condannato per corruzione e falso ideologico

La competente Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza pronunciata all'esito del giudizio abbreviato dal G.U.P. del Tribunale, conferma la declaratoria di responsabilità di un dirigente medico, presidente della Commissione Invalidi Civili di un’azienda sanitaria, per il reato di corruzione ex art. 319 cod. pen. (capo a) e, previa riqualificazione, per il reato di falso ideologico per induzione ex artt. 48 e 479 cod. pen. (capo b), ferma la già applicata circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen. e la continuazione tra i reati, riducendo la pena a due anni e dieci mesi di reclusione, con l'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque e con le statuizioni civili già determinate dal primo giudice.

I giudici hanno affermato la responsabilità dell'imputato per avere ricevuto da una persona la somma di euro 1.200,00 per fare ottenere alla madre l'indennità di accompagnamento, compiendo atti contrari ai doveri di ufficio (visita privata presso il proprio studio professionale; garanzia del buon esito della pratica; suggerimento di formulare richiesta di effettuare la visita domiciliare anziché quella doverosa presso la Commissione, così da poterla eseguire lui stesso in assenza degli altri componenti; mancata effettuazione della suddetta visita domiciliare; attestazione di avere svolto la visita domiciliare; suggerimento di mentire sulle proprie condizioni di salute in modo da rientrare fittiziamente nei parametri per ottenere l'invalidità) sulla base delle captazioni eseguite presso lo studio professionale nel quale veniva raggiunto l'accordo corruttivo.

I giudici, inoltre, hanno affermato la responsabilità del medico imputato per avere indotto la Commissione della quale era Presidente a rilasciare l'accertamento di invalidità, tacendo l'anteriore condotta corruttiva, attestando di avere falsamente effettuato la visita domiciliare della paziente, nonché che la donna era portatrice di invalidità al 100%.

Il medico ricorre in cassazione deducendo l’esistenza di vizi di motivazione e di violazioni di legge nella sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la recente sentenza n. 35402/2023, depositata il 22.08.23, giudica infondato il ricorso e pertanto conferma la sentenza di condanna impugnata.

La Suprema Corte osserva in particolare che il medico arrestato in flagranza aveva ammesso i fatti materiali del quali è accusato, limitandosi ad asserire che la donna, comunque, aveva diritto al beneficio assistenziale; che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità che costantemente afferma che, in tema di corruzione propria, costituisce atto contrario ai doveri d'ufficio il compimento di un atto di natura discrezionale posto in essere in violazione delle procedure e dei requisiti di legge che conformano l'esercizio della discrezionalità amministrativa, nonché quello diretto non già al perseguimento delle finalità pubblicistiche e alla corretta comparazione degli interessi in gioco, ma ad avvantaggiare il privato corruttore, come avvenuto nella fattispecie; che, inoltre, giustamente è stata esclusa la configurabilità del falso innocuo in quanto la falsa attestazione sulla sussistenza delle condizioni per evitare la visita collegiale nonché il luogo ove la stessa è avvenuta (attestazione che ha consentito di evitare la visita collegiale da parte della commissione prevista secondo l'iter ordinario, nel corso della quale la paziente sarebbe stata esaminata da tutti i componenti del collegio e non solo dal medico compiacente) sono elementi che hanno inciso in modo significativo sull'iter della pratica, attribuendo all'imputato il pieno ed esclusivo controllo e gestione delle fasi accertative della reclamata invalidità che, altrimenti, si sarebbero svolte a cura del collegio medico legale a ciò preposto dalla legge.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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