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Allontanamento da RSA di persona con diagnosi di decadimento cognitivo e responsabilità civile della struttura

Allontanamento da RSA di persona con diagnosi di decadimento cognitivo e responsabilità civile della struttura

La competente Corte d’Appello, in riforma della decisione del Tribunale, rigetta la domanda avanzata da un figlio per il risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza del decesso della propria madre, evento verificatosi allorquando la stessa, ricoverata presso una R.S.A. con diagnosi di “decadimento cognitivo”, si allontanava non vista dalla struttura e, dopo aver vagato per cinque giorni, veniva ritrovata priva di vita in un cantiere adiacente alla struttura.

Il giudice d’appello, infatti, ritiene che non è stato provato dalla parte attrice che l’evento mortale non si sarebbe comunque verificato qualora la stessa fosse rimasta nella RSA e che comunque la struttura all'atto della ricezione della paziente, “aveva concordato con i familiari le modalità e i limiti relativi alla gestione della paziente”, essendosi “determinata a riceverla anche su richiesta degli stessi”, i quali “avevano dichiarato di non essere in grado di tenerla in casa e che avevano accettato il ricovero pur consapevoli che la struttura non possedeva il personale necessario per assicurare sorveglianza 24 ore su 24”.

Il figlio ricorre quindi in cassazione contestando in fatto e diritto la correttezza della decisione del giudice d’appello.

La Suprema Corte terza sezione civile, con la recente sentenza n.13037/2023, depositata il giorno 12/05/23, accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio ad altro giudice d’appello, affermando questi principi di diritto.

Non bisogna confondere la causa remota (l’aterosclerosi) dell’infarto mortale con la sua causa prossima (lo stress psico-fisico dovuto alla condizione di abbandono) assumendo erroneamente che la prima causa era da considerarsi alternativa e assorbente, trattandosi invece di cause concorrenti in quanto l’aterosclerosi deve essere ritenuta solo come la pregressa situazione patologica da cui è derivato l’infarto acuto del miocardio sul quale ha inciso anche l’allontanamento della paziente dalla R.S.A.

In questa situazione di concorrenza di cause – l’una ascrivibile a un fattore naturale (pregressa situazione patologica del danneggiato) e l’altra ascrivibile alla condotta umana (lo stress psico-fisico determinato dalla condizione di abbandono cagionata dalla omessa sorveglianza della paziente cui era tenuta la struttura sociosanitaria nella quale la stessa era ricoverata) - l’autore del fatto illecito risponde, in base ai criteri della causalità materiale, di tutti i danni che ne sono derivati, a nulla rilevando che gli stessi siano stati concausati anche da un evento naturale, il quale può invece rilevare ai fini della stima del danno, ossia sul piano della causalità giuridica.

La Corte d’Appello, inoltre, ha errato a considerare esonerata la struttura sanitaria, una volta accettato il ricovero della paziente nonostante i pur palesati deficit organizzativi, dall'assolvere con perizia e diligenza professionale, ex art. 1176, secondo comma, c.c., agli obblighi su di essa gravanti di sorvegliarla in modo adeguato e coerente rispetto alle sue condizioni psico-fisiche al fine di prevenire che potesse causare danni a terzi o subirne; che, infatti, qualora accertato l’inadempimento (o inesatto adempimento) dei predetti obblighi, avrebbe dovuto esigere dalla RSA, ai sensi dell’art. 1218 c.c., la prova liberatoria dell'impossibilità oggettiva non imputabile della prestazione a essa richiesta in base al c.d. contratto di ricovero.

In ogni caso deve ritenersi affetta da nullità ai sensi dell’art. 1229 c.c., una pattuizione diretta a escludere o a limitare la responsabilità della struttura per colpa grave nell'adempiere diligentemente e con perizia agli obblighi di sorveglianza e protezione nei confronti della paziente ivi ricoverata.

A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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