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Illegittima assegnazione di un dirigente medico ad altra sede con compiti diversi dai precedenti

Illegittima assegnazione di un dirigente medico ad altra sede con compiti diversi dai precedenti

Un dirigente medico impugna per illegittimità un ordine di servizio con il quale viene disposta la sua assegnazione a una struttura complessa di un distretto, modificando così la sua originaria sede di servizio e le sue originarie mansioni, comprendenti anche attività chirurgica.

Il Tribunale, acquisita una missiva con la quale il ricorrente aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa, dichiara la domanda inammissibile, ritenendo che per effetto delle dimissioni è sopravvenuto un difetto di interesse ad agire da parte del medico.

La Corte d’Appello, invece, è di contrario avviso e accoglie la domanda del sanitario dichiarando l’illegittimità dell’ordine di servizio impugnato.

Il giudice d’appello, in particolare, osserva che il medico non si era limitato a chiedere l'accertamento dell'illegittimità dell'assegnazione disposta dalla datrice di lavoro con l'ordine di servizio oggetto di impugnazione, ma si era altresì riservato di proporre un'azione risarcitoria volta a ottenere il ristoro dei danni subìti a seguito dell'illegittima assegnazione, così dimostrando un suo interesse concreto e attuale a ottenere l'emissione di una sentenza dichiarativa dell'illegittimità dell'ordine di servizio; che questo provvedimento è illegittimo perché l’ASL - in violazione della disciplina di mobilità interna dettata dall’art. 16 del CCNL 10.02.2008 - aveva disposto l’assegnazione del sanitario senza conferire uno degli incarichi previsti dall’art. 27 del CCNL dell’08.06.2000, senza dedurre i necessari presupposti per far luogo alla mobilità d’urgenza e in via definitiva e non provvisoria.

Ricorre in cassazione l’ASL deducendo che la sentenza emessa dal giudice d’appello è affetta da vari vizi e che quindi deve essere riformata.

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 1157/2024, depositata l’11.01.24, rigetta il ricorso dell’ASL confermando così la decisione impugnata. 

Osserva, in particolare, la Cassazione che la riserva di agire successivamente per ottenere il risarcimento dei danni subiti è stata correttamente ritenuta elemento idoneo a rendere persistente l’interesse del ricorrente a conseguire l’accertamento della illegittimità del provvedimento datoriale anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro; che, inoltre, l’ASL non ha fornito adeguate e giuste argomentazioni tali da dimostrare la correttezza delle suo operato, ritenuto invece motivatamente illegittimo dal giudice d’appello.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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