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Il diritto alla Fecondazione Medicalmente Assistita

Il diritto alla Fecondazione Medicalmente Assistita

Una detenuta chiede la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari dovendo effettuare la Fecondazione Medicalmente Assistita (F.M.A.) presso un centro che si occupa di fertilità assistita.

La relativa istanza viene rigettata con provvedimento del Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP), confermato dal Tribunale tenuto conto del fatto che l’interessata è accusata di partecipare attivamente a un gruppo camorristico.

La detenuta ricorre quindi in cassazione sostenendo che risulta provata la sua impossibilità di procreare per le vie naturali a causa di una patologia pregressa e che è stato violato l'art. 2 Costituzione in quanto il Tribunale non ha riconosciuto come inviolabile il diritto della ricorrente di procedere alla F.M.A., effettuabile, vista la complessità della procedura e come da certificazione prodotta proveniente dal Centro Fertilità Assistita, solo in regime di arresti domiciliari con autorizzazione a recarsi presso l'indicato centro e non in altro luogo di cura dell'amministrazione penitenziaria, circostanza che renderebbe incompatibile la massima misura cautelare.

La Corte di Cassazione, sezione seconda penale, con la recente sentenza n. 5182/2024, depositata il giorno 06.02.24, nel rigettare il ricorso osserva che la presenza di un diritto costituzionalmente garantito (come è la F.M.A. in base agli artt. 2, 31 e 32 della Costituzione) impone comunque nella fattispecie una valutazione idonea a contemperare adeguatamente l'interesse del singolo con l'interesse della collettività in quanto l’estensione di questo diritto non è identica

per il soggetto in stato di libertà e il soggetto in stato di detenzione; che nel provvedimento impugnato è stato giustamente sottolineato come le esigenze di tutela della collettività dovessero prevalere su ogni altro dato di segno contrario, posto che l'indagata era risultata ricoprire un "ruolo nevralgico" all'interno di un importante sodalizio criminale di tipo camorristico; che, d’altra parte, le norme processuali che regolano il regime della custodia cautelare in carcere non apprestano diretta tutela al diritto alla procreazione, limitandosi a stabilire che non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere se la persona è affetta (in disparte il rilievo dell'AIDS o di altre malattie che provocano deficienza immunitaria) da malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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