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I rischi che si assume il MMG quando cura un latitante emettendo prescrizioni formalmente intestati a un soggetto diverso

I rischi che si assume il MMG quando cura un latitante emettendo prescrizioni formalmente intestati a un soggetto diverso

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 39759/2023, depositata il 02.10.23, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un medico di medicina generale, oggetto di un provvedimento di custodia in carcere confermato dal Tribunale del Riesame in quanto imputato dei delitti di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p. (concorso esterno in associazione di stampo mafioso), art. 476 secondo comma c.p. (falso in atto pubblico fidefacente) e art. 491 bis c.p. (falsità riguardante un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria), per avere consapevolmente emesso prescrizioni e ricette false (in quanto riferite non al soggetto formalmente intestatario ma ad altra persona latitante).

La Suprema Corte, per quello che interessa in questa sede, in relazione alle contestate falsità in atto pubblico fidefacente ha sottolineato che “risulta invero del tutto implausibile ipotizzare una richiesta di ricovero e di intervento di un paziente oncologico, sulla sola base dei dati cartolari disponibili; e ciò non solo perché il medico convenzionato non procede formalmente a un'operazione meramente ricognitiva della malattia, ma soprattutto avuto riguardo in concreto all'oggettiva serietà della patologia e al progressivo aggravamento delle condizioni cliniche dell'assistito, di modo che deve radicalmente escludersi la tesi difensiva basata sulla non necessità di una visita preliminare del paziente prima del rilascio nella documentazione medica”. 

Ha aggiunto la Cassazione che “i dati necessari per le valutazioni del sanitario, in frangenti di tale delicatezza, non avrebbero dunque potuto che essere acquisiti anche mediante il diretto colloquio con l'interessato, a prescindere da quanto rinvenibile in relazione alla pregressa storia clinica nel contenuto dell'archivio informatico dello studio” e che “una qualche discrezionalità del medico - mai comunque libera, soprattutto a fronte di patologie rilevantissime - riguarderebbe, al più, soltanto la sola prescrizione di farmaci o di accertamenti specialistici, ma non è ipotizzabile in ordine alle richieste di ricovero”.

La Suprema Corte, infine, rilevato che il MMG era stato posto successivamente agli arresti domiciliari, ha osservato che questo fatto comporta la sopravvenuta carenza di interesse a contestare la ricorrenza nella fattispecie delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza ritenute, invece, esistenti dai giudici di merito per disporre e mantenere la custodia in carcere.

a  cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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