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Certificazioni false per induzione in errore

Certificazioni false per induzione in errore

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 4827/2024, depositata il 02.02.24, affrontando un caso di truffe alle assicurazioni mediante uso di certificati medici falsi per induzione in errore del medico ospedaliero che li aveva redatti e che per questo motivo era stato assolto, ha affermato e ribadito questi principi di diritto.

Integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefacente, la condotta del medico ospedaliero che rediga un certificato con false attestazioni, in quanto ciò che caratterizza l'atto pubblico fidefacente, anche in virtù del disposto di cui all'art. 2699 cod. civ. è - oltre all'attestazione di fatti appartenenti all'attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione - la circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova e cioè precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato (P.U.), nell'esercizio di una speciale funzione certificatrice; ne deriva che la diagnosi riportata nel certificato ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione - caduta nella sfera conoscitiva del P.U. - che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.

Il referto, infatti, è atto opponibile a tutti: può essere fatto valere in giudizio, può essere presentato a un ente previdenziale, ovvero, come nel caso in esame, può essere posto alla base di una richiesta risarcitoria in esecuzione delle disposizioni di un contratto di assicurazione. È dunque questa sua valenza erga omnes a costituire un riconoscibile indicatore della natura fidefacente dello stesso, mentre sono del tutto irrilevanti, rispetto alla natura dell'atto, le argomentazioni di natura sostanzialmente medico-legale spese dai ricorrenti, laddove si intrattengono sulla tipologia di accertamenti necessari o meno alla diagnosi; che, invero, quel che conta è che il certificato attesti, da parte del pubblico ufficiale che lo forma, l'esistenza di una determinata patologia, e che tale certificato assuma la valenza che si è appena indicata.

Quindi se il medico ospedaliero redige un referto con false attestazioni diagnostiche sussiste il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefaciente in quanto la diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.

Peraltro, qualora il medico venga assolto avendo redatto i certificati falsi perché indotto in errore dai pazienti, del delitto in questione rispondono questi ultimi in base al disposto di cui all’art. 48 c.p. che punisce chi ha determinato il sanitario a commettere la falsità. 

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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