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Rifiuto atti d’ufficio

Rifiuto atti d’ufficio

La Corte d'Appello conferma la sentenza di primo grado che aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 328 c.p. perché, quale medico in servizio presso un presidio di guardia, aveva rifiutato di eseguire una visita domiciliare, nonostante le illustrate condizioni di salute critiche del paziente, successivamente deceduto per la patologia in atto (colecistite acuta).

Il sanitario ricorre in cassazione sostenendo l’erroneità della decisione impugnata deducendo, tra l’altro, che la valutazione attendista ascrittagli non era né arbitraria né irragionevole, non essendosi trovato al cospetto di una situazione che imponesse un sollecito e indilazionabile intervento per il concreto pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona; che comunque non sussistevano elementi per affermare che egli aveva agito nella consapevolezza di rifiutare un atto doveroso e indifferibile, così violando i doveri di intervento impostigli.

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la recente sentenza n. 29927/2023, depositata il giorno 10.07.23, dichiara inammissibile il ricorso così confermando la decisione impugnata.

Afferma, in particolare, la Suprema Corte che, come giustamente accertato dai giudici di merito, il medico aveva rifiutato di eseguire la visita richiesta nonostante i familiari del paziente lo avessero reso edotto: a) della persistente febbre, insensibile agli antipiretici; b) dell'ematuria che si era manifestata; c) della circostanza che aveva vomitato un sacchetto pieno di liquido verde; d) del trattamento sbrigativo e superficiale che gli era stato riservato dai sanitari dell'ospedale dove si era recato, che ne avevano giudicato le condizioni alla stregua di quelle di un soggetto affetto da semplice influenza; che il medico aveva subito assunto un atteggiamento minimizzatore dei sintomi che gli venivano riferiti cercando in tutti i modi di valorizzare gli elementi rassicuranti a conforto della decisione, già assunta, di non eseguire la visita domiciliare; che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato il principio, correttamente applicato nella fattispecie, secondo cui integra il delitto di rifiuto di atti d'ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente nella persuasione a priori della falsità o enfatizzazione dei sintomi denunciati dal paziente, posto che l'esercizio del potere-dovere di valutare la necessità della visita sulla base della sintomatologia esposta, sicuramente spettante al professionista, è comunque sindacabile da parte del giudice al fine di accertare se esso non trasmodi nell'assunzione di deliberazioni ingiustificate e arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili.

Aggiunge la Suprema Corte che sussiste nella fattispecie anche l’elemento psicologico del delitto contestato in quanto ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 328 cod. pen. è sufficiente il dolo generico, in quanto l'avverbio "indebitamente", inserito nel testo della disposizione, qualificando l'omissione di atti di ufficio come reato ad antigiuridicità cosiddetta espressa o speciale, connota l'elemento soggettivo non nel senso di comportare l'esigenza di un dolo specifico, ma per sottolineare la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti; che nella fattispecie la necessità dell'imputato di attivarsi era indubitabilmente emersa stando alle congrue argomentazioni dei giudici di merito riferite alle complessive risultanze probatorie acquisite.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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