Dovere dei genitori di collaborare con i sanitari per preservare la vita della loro figlia minorenne

La Suprema Corte, quarta sezione penale, con la recente sentenza n. 12124/2023, depositata il 23.03.23, ha respinto il ricorso dei genitori di una paziente minorenne avverso la sentenza d’appello che, confermando quella di primo grado, li aveva ritenuti colpevoli del delitto di omicidio colposo per avere cagionato per colpa la morte della loro figlia fornendole, in violazione dei loro obblighi di garanzia, una falsa rappresentazione della realtà con riferimento sia alla gravità e mortalità della patologia (leucemia linfoblastica acuta) da cui era affetta, sia alla idoneità e adeguatezza dei rimedi da loro proposti, privi di validità scientifica riconosciuta in quanto riconducibili in sostanza alla “nuova medicina germanica” di Hamer, così ingenerando il fallace convincimento che la chemioterapia, indicata come essenziale dai curanti, fosse non necessaria e addirittura dannosa.

Il caso in esame riguarda una ragazza che aveva già compiuto 17 anni quando le fu diagnosticata la patologia e consigliato ripetutamente dai curanti la chemioterapia rifiutata formalmente dall’interessata, ma in sostanza dai genitori secondo la tesi dell’accusa ritenuta fondata dai vari giudici che si sono occupati della vicenda che hanno evidenziato il loro pervicace atteggiamento di contrasto rispetto alla medicina scientifica, anche dopo un intervento del Tribunale per i minori che aveva sospeso la loro potestà genitoriale proprio a causa del loro ingiustificato e reiterato comportamento sopra indicato che ha finito con il provocare il decesso della minorenne succube dei loro convincimenti.

A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario