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Amministrazione di sostegno e volontà contraria del beneficiario

Amministrazione di sostegno e volontà contraria del beneficiario

La Corte d’Appello rigetta con decreto il reclamo della Sig.ra XY avverso il provvedimento del Giudice Tutelare che aveva dichiarato l’apertura dell’amministrazione di sostegno in favore della predetta ritenuta non capace di gestire le sue disponibilità finanziarie e il suo patrimonio.

La Sig.ra XY ricorre in cassazione sostenendo che non sussistono i presupposti di legge per l’apertura di questa procedura sia perché è in grado di amministrare il proprio patrimonio sia perché non è stata tenuta in debito conto la sua espressa volontà contraria alla misura di protezione, con conseguente violazione dei principi di autodeterminazione e rispetto della vita privata e familiare del soggetto interessato.

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la recente sentenza n. 32542/2022, depositata il 04.11.22, accoglie il ricorso rilevando che i giudici di merito non hanno tenuto conto che l'istituto dell'amministrazione di sostegno non può essere utilizzato per assicurare la tutela di interessi esclusivamente patrimoniali, ma deve essere volto, più in generale, a garantire la protezione alle persone fragili in relazione alle effettive esigenze di ciascuna, ferma la necessità di limitare nella minor misura possibile la loro capacità di agire.

La Suprema Corte, inoltre, osserva che l'opposizione alla nomina di un amministratore di sostegno costituisce espressione di autodeterminazione e come tale non può non esser considerata dal giudice nel contesto della decisione che a lui si richiede, salvo che l’opposizione non sia provocata da una grave patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole finanche del bisogno di assistenza.

In altri termini, la volontà contraria all'attivazione della misura, ove provenga da una persona pienamente lucida, non può non esser tenuta in debito conto in quanto una volontà libera e consapevole deve essere rispettata laddove diretta a tutelare la propria autodeterminazione e, quindi, la propria dignità.

La Corte di Cassazione, in conclusione, accolto il ricorso, cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la questione alla luce dei principi sopra riassunti.

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