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Omessa vaccinazione antitetanica in pronto soccorso e decesso della paziente

Omessa vaccinazione antitetanica in pronto soccorso e decesso della paziente

Il 01/01/2014 una donna, mentre sta uscendo da un locale, cade e riporta un trauma alla caviglia sinistra; condotta al pronto soccorso del reparto di traumatologia di un ospedale viene diagnosticata una "frattura lussazione esposta al collo del piede destro" e il giorno seguente viene sottoposta a intervento chirurgico; viene dimessa l’08/01/2014 con prescrizione di deambulazione senza carico, assunzione di un antitrombotico e medicazione ogni due giorni.

L’11/01/2014 la donna comincia a manifestare difficoltà di deglutizione e dolore intenso all'arto interessato dalla frattura, con fuoriuscita di materiale purulento dalla ferita; viene ricoverata in un altro ospedale in codice rosso a seguito di visita infettivologica; vengono somministrate immunoglobuline e vaccino antitetanico a seguito di diagnosi di tetano generalizzato in presenza di conclamata infezione da ferita chirurgica; immediatamente intubata e ricoverata nel reparto di rianimazione, la paziente decede il 02/03/2014 a seguito di "shock cardiogeno in paziente affetto da tetano".

Il medico che, secondo l’accusa, aveva colposamente omesso di prescrivere e somministrare alla paziente la prima dose di vaccino antitetanico al momento del primo accesso al pronto soccorso viene tratto a giudizio per rispondere di omicidio colposo e, all’esito del giudizio di primo grado, condannato alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni.

La Corte d’Appello, vista la rinuncia della parte civile alla sua impugnazione incidentale, revoca le statuizioni civili, mentre conferma la condanna nei confronti del medico di guardia in servizio presso il pronto soccorso in relazione al delitto di omicidio colposo in danno della paziente.

L’imputato ricorre in cassazione protestando la sua innocenza e contestando, tra l’altro, l’individuazione della causa di morte nell’infezione da tetano, senza tenere in debito conto l’avvenuta insorgenza durante il ricovero in ospedale di una infezione polmonare che, secondo la sua tesi, costituisce una causa autonoma di per sé sola sufficiente a determinare l’evento.

Il medico, inoltre lamenta che ingiustamente non era stato nominato un perito nonostante l’evidente contrasto tra le opinioni espresse dal suo consulente e quelle del C.T. del P.M.

La Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con la recente sentenza n. 2306/2023, depositata il giorno 20/01/2023, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato si è estinto per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado.

La Cassazione, in particolare, osserva che si è validamente instaurato il rapporto di impugnazione stante la non manifesta infondatezza dei motivi del ricorso (soprattutto con riguardo alla individuazione del nesso di causa) e che non vi sono le condizioni giuridiche per dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento in base al secondo comma dell’art. 129 c.p.p.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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