TIA non riferiti in sede di anamnesi in pronto soccorso
- 06 Feb, 2025
- News , Giurisprudenza Sanitaria , Medicina d'urgenza

I parenti di un paziente deceduto dopo un ricovero in ospedale a causa di un ictus citano la competente azienda sanitaria per ottenere il risarcimento dei danni derivati dal decesso del congiunto, deducendo che l’evento sarebbe stato cagionato dalla condotta colposa dei sanitari dell’ospedale.
La fondatezza della domanda viene contestata dalla parte convenuta.
Il Tribunale, disposta CTU, accoglie la domanda degli attori, condannando l’azienda sanitaria al conseguente risarcimento.
La Corte d’Appello, invece, rigetta la domanda degli attori, accogliendo il gravame proposto dalla struttura.
Viene proposto ricorso in cassazione da parte degli attori che deducono l’erroneità della sentenza d’appello deducendo, tra l’altro, che la struttura sanitaria, per andare esente da responsabilità, avrebbe dovuto dimostrare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione (compresa la corretta tenuta della cartella clinica) oppure che era intervenuta una causa esterna, imprevedibile ed inevitabile.
La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la recente sentenza n. 30262/2024, depositata il 25.11.24, dichiara inammissibile il ricorso, compensando le spese tra le parti alla luce dell’evidente e radicale divergenza delle due pronunce di merito.
Osserva, in particolare, la Suprema Corte che la censura dei ricorrenti si impernia sulla giurisprudenza relativa alla cartella clinica, nell’ipotesi in cui questa, quando si è cominciato a formarla al pronto soccorso, non abbia registrato dati pertinenti che avrebbero dovuto rientrare nell’anamnesi, con la conseguenza che questa omissione avrebbe inciso sulla evoluzione delle condizioni cliniche del paziente e sulla correttezza della terapia da praticargli; che, però, gli appellanti non hanno dimostrato che nel caso di specie i sanitari che hanno raccolto i dati dell’anamnesi e comunque sono stati i primi a ricevere il paziente al pronto soccorso erano stati resi edotti dal paziente di precedenti TIA che avrebbero dovuto inserire nella cartella; che, invece, il giudice d’appello ha sottolineato che dalla CTU emerge che questi episodi di TIA recidivanti verosimilmente non furono riferiti dal paziente; che inoltre dalla documentazione in atti risulta che il malato riferì solo più tardi al cardiologo di avere avuto nei tre giorni precedenti il ricovero “episodi ripetuti di riduzione della forza al braccio sinistro (senza dolore)” e che questo specialista ne prese nota all’atto della compilazione del diario clinico etichettandoli come probabili TIA.
A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano