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Lo studio medico rientra nella nozione di privata dimora

Lo studio medico rientra nella nozione di privata dimora

La Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con la recente sentenza n. 8031/2025, depositata il 27.02.25, nel respingere il ricorso di un soggetto ritenuto dai giudici di merito colpevole di furto aggravato eseguito all’interno di studio medico e condannato alla pena di giustizia, ha osservato che giustamente il giudice di secondo grado nella decisione impugnata ha affermato che il predetto studio professionale, situato in uno stabile privato, non è un locale aperto al pubblico, fruibile da un indiscriminato numero di persone, ma è luogo in cui la persona esercita abitualmente la propria attività di lavoro in quanto struttura accessibile ai pazienti che richiedano e ottengano, previa selezione e con il consenso del titolare, di beneficiare delle relative prestazioni sanitarie; che, quindi, correttamente il comportamento dell’imputato è stato ritenuto punibile ex art. 624 bis c.p. che concerne il furto in una dimora privata; che, inoltre, è stata congruamente ritenuta sintomatica dell'espletamento non occasionale di vita privata all'interno dell'immobile l'accertata asportazione di beni riconducibili a un comune utilizzo di natura riservata e personale, come un computer portatile e un televisore.

D’altra parte le Sezioni Unite Penali con la sentenza n. 31345/2017 della Suprema Corte hanno stabilito che rientrano nella nozione di privata dimora a norma dell'art. 624 bis c.p. esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente attività della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. 

In sostanza l'accezione di privata dimora può essere riconosciuta sulla base dei seguenti, indefettibili elementi: a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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