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Prescrizione diritto di un ortopedico di essere manlevato dalla propria assicurazione

Prescrizione diritto di un ortopedico di essere manlevato dalla propria assicurazione

La Corte d’Appello, in accoglimento per quanto di ragione degli appelli principale e incidentale proposti rispettivamente da una casa di cura e da un ortopedico, ridetermina in diminuzione l'importo della condanna a carico solidale dei due predetti soggetti pronunciata dal giudice di primo grado in favore di un paziente per il risarcimento a suo favore dei danni dallo stesso subiti a seguito di un intervento chirurgico di osteosintesi eseguito nella suddetta struttura; conferma inoltre il rigetto pronunciato dal primo giudice in relazione alla domanda di manleva proposta dal medico nei confronti della propria assicurazione in quanto il diritto dell'assicurato si era già prescritto.

Il giudice d’appello afferma in particolare che la decisione del primo giudice era corretta nella parte in cui ha individuato specifici profili di responsabilità colposa, tanto a carico della struttura sanitaria ospitante (con particolare riguardo all'origine nosocomiale dell'infezione che il paziente aveva patito), quanto in relazione alla condotta terapeutica dell’ortopedico (per le rilevanti lacune assistenziali specificamente individuate in sentenza), come si evince dalla condivisibile relazione di CTU svolta nel corso del giudizio di primo grado; ribadisce l'intervenuta prescrizione del diritto dell'assicurato di vedersi garantito dalla propria assicurazione.

L’ortopedico, per quel che rileva in questa sede, ricorre in cassazione deducendo che deve essere esclusa o quantomeno ridotta l’entità della sua responsabilità colposa che sicuramente è inferiore a quella della struttura, con conseguente riduzione della condanna inflitta a suo carico.

Il medico, inoltre, censura la sentenza laddove ha ritenuto prescritto il suo diritto alla manleva nei confronti della propria compagnia assicuratrice senza tener conto che la richiesta risarcitoria del paziente danneggiato (fatto che costituisce il momento iniziale del decorso della prescrizione biennale del proprio diritto alla invocata garanzia) è stata indirizzata nei propri confronti presso la struttura sanitaria e che quindi, non può essere applicata nella fattispecie la presunzione ex art. 1335 c.c. di ricezione della predetta richiesta, atteso l'evidente conflitto di interessi esistente tra lui e la casa di cura in cui esercitava la propria attività lavorativa.

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la recente sentenza n.5457/2023, depositata il 22/02/23, rigetta il ricorso del medico, con conseguente conferma della decisione impugnata. 

La Suprema Corte, in particolare, osserva che la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più soggetti (casa di cura e ortopedico) legati dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e l'eventuale diseguale efficienza causale di esse, può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; che conseguentemente il giudice può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori, a differenza di quanto accaduto nella fattispecie, abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.

La Cassazione, inoltre, afferma che la richiesta di risarcimento danni avanzata dal danneggiato nei confronti dell’ortopedico in base al disposto dell'art. 1335 c.c., si presume conosciuta dal destinatario nel momento in cui giunge al relativo indirizzo, da intendersi come luogo che, per collegamento ordinario (dimora o domicilio) o per normale frequentazione per l'esplicazione della propria attività lavorativa, o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, apparendo idoneo a consentirgli la ricezione dell'atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto; che solo nel corso del giudizio la casa di cura e il medico possono avere assunto posizioni divergenti e che quindi al momento della ricezione della raccomandata inviata presso la struttura non vi era alcun conflitto in essere tra questi soggetti.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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