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Legittima la sanzione disciplinare inflitta a un infermiere dipendente da una ASL che ha svolto attività privata non autorizzata

Legittima la sanzione disciplinare inflitta a un infermiere dipendente da una ASL che ha svolto attività privata non autorizzata

Un infermiere viene sanzionato dal proprio datore di lavoro pubblico con la sospensione per quattro mesi per avere svolto attività non autorizzata presso ente privato per circa otto anni e con introiti non irrisori assommanti a circa ventottomila euro.

Il giudice di primo grado rigetta il ricorso del sanitario avverso la sanzione, con sentenza confermata in appello. 

La Corte d’Appello, in particolare sul punto decisivo concernente la disciplina sul c.d. whistleblowing, di cui all’art. 54-bis d. lgs. 165/2001, ritiene che questa norma non può costituire uno scudo generalizzato rispetto agli illeciti del dipendente, potendo la denuncia costituire al massimo un’esimente in caso di concorso nel medesimo fatto illecito denunciato.

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 9148/2023, depositata il giorno 31/03/23, rigetta il ricorso dell’infermiere con conseguente conferma della sentenza impugnata, ponendo le spese di lite a suo carico.

La Suprema Corte, in particolare, osserva che la fattispecie delineata dall’art. 54-bis esclude dal proprio novero le condotte calunniose o diffamatorie (secondo il testo novellato dalla legge n. 179 del 2017, in presenza almeno di colpa grave), per ricomprendere invece le segnalazioni effettuate dal dipendente ai propri superiori di illeciti altrui, con l’effetto di impedire che il medesimo, in ragione di tali segnalazioni, possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure direttamente o indirettamente discriminatorie aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati in modo diretto o indiretto alla denuncia.

Pertanto l’applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti suoi propri resta dunque al di fuori della copertura fornita dalla norma, che non esime da responsabilità chi commette un illecito disciplinare per il solo fatto di denunciare la commissione del medesimo fatto o di fatti analoghi a opera di altri dipendenti.

In definitiva “la normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. whistleblowing) salvaguardia il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette e indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce un’esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo”.

A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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