La falsa attestazione contenuta nella scheda operatoria integra il delitto di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico
- 08 Mag, 2023
- News , Giurisprudenza Sanitaria , Chirurgia
La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione del Tribunale, dichiara estinto per intervenuta prescrizione il delitto di omicidio colposo contestato a un chirurgo, ma conferma la sua penale responsabilità in ordine al delitto di falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale in atti pubblici, essendo stato correttamente accertato dal giudice di primo grado, che nella scheda operatoria da lui redatta era stata occultata l’esecuzione di un secondo intervento sulla paziente poi deceduta.
L’imputato ricorre in cassazione sostenendo, tra l’altro, che si trovava in uno stato di frustrazione quando aveva redato l’atto incriminato; che peraltro l’intervento asseritamente occultato era avvenuto alla presenza di numerosi medici e infermieri; che pochi giorni dopo aveva proceduto alla rettifica della scheda comunicando quanto avvenuto alla direzione sanitaria; che da queste circostanze doveva essere desunta la natura colposa e non dolosa del fatto ascrittogli; che, comunque, i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto la natura fidefacente della scheda operatoria senza considerare che l'atto non aveva assunto la funzione di testimoniare nei confronti dei terzi quanto accaduto nel corso dell'intervento, in quanto mai reso pubblico e solo noto agli inquirenti.
La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 16933/2023, depositata il 20/04/23, respinge in quanto infondato il ricorso dell’imputato, confermando quindi la correttezza della decisione impugnata.
Afferma, in particolare, la Suprema Corte che il ricorrente ha omesso di confrontarsi con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata nella quale in maniera logica e puntuale era stata giustamente motivata l’esistenza del dolo nella falsità compiuta alla luce del comportamento tenuto dall’imputato, medico specialista esperto del settore, che aveva redatto la cartella clinica della paziente deceduta riportando fatti non corrispondenti a quanto accaduto durante le varie fasi dell'intervento chirurgico, omettendo di indicare l'esecuzione di un secondo intervento sulla donna, così da determinare ritardi nell'individuazione delle responsabilità per l'accaduto.
Osserva, inoltre, la Cassazione che il giudice d’appello aveva correttamente sottolineato che il medico non poteva ignorare di aver causato la morte della giovane paziente e che, analogamente al fallito tentativo di prospettare una plausibile responsabilità dei medici anestesisti coinvolti nell'intervento, la rettifica della scheda poteva garantirgli l'impunità; che è irrilevante ai fini dell'esclusione della coscienza e volontà del fatto l'inoltro della rettifica della scheda alla direzione sanitaria a distanza di sei giorni dall'accaduto; che quindi non era configurabile nella fattispecie una condotta meramente negligente.
Afferma, infine, la Cassazione che analogamente alla cartella clinica redatta da un medico ospedaliero - contrassegnata sia dalla funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti che devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi, sicché tutte le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsità in atto pubblico, sia dal carattere di definitività che acquisisce quando esce dalla sfera di disponibilità del suo autore in relazione a ogni singola annotazione, producendo effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica - anche la scheda operatoria è un atto che attesta sia le fasi e modalità di svolgimento dell'attività chirurgica, sia lo svolgimento della stessa secondo le competenze dei sanitari ivi impegnati nell'ambito della struttura ospedaliera e ai fini a essa pertinenti.
A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario