Blog

Incertezza causale e irrilevanza del ritardo diagnostico patologia oncologica

Incertezza causale e irrilevanza del ritardo diagnostico patologia oncologica

La Corte d’Appello, nel confermare la decisione del giudice di primo grado di rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti di una struttura sanitaria dagli eredi di un paziente per omessa tempestiva diagnosi di una patologia oncologica, osserva che dagli elementi complessivamente acquisiti e dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio emerge che, se anche i medici della casa di cura convenuta avessero tempestivamente provveduto alla rilevazione della diagnosi della patologia oncologica sofferta dal malato, nulla sarebbe mutato, sul piano eziologico sia in relazione al decesso, alle vicende e alle condizioni di vita intermedie del paziente, sia in relazione alla perdita di eventuali chances di guarigione o di più estese aspettative di vita, dato che la morte del malato era stata causata da una recidiva locale del tumore "determinata dall'attivazione di cellule dormienti, sfuggite ai primi cicli chemioterapici"; che, infatti, la predetta attivazione non è ragionevolmente riferibile, sotto il profilo causale, all'omissione diagnostica e terapeutica imputabile alla condotta dei sanitari della casa di cura convenuta, con la conseguente mancata dimostrazione che un anticipato approfondimento diagnostico e un precoce trattamento chemioterapico avrebbero avuto alcuna "apprezzabile, seria e consistente possibilità di salvarlo né di allungargli la vita per un congruo numero di anni".

Gli eredi ricorrono in cassazione deducendo l’errata valutazione della CTU e contestando specificamente l'affermazione della corte d'appello secondo cui la recidiva del tumore non fosse collegabile all'intempestiva diagnosi e al conseguente accrescimento locale del tumore.

La Suprema Corte, terza sezione civile, con la recente sentenza n. 5488/2023, depositata il giorno 22/02/2023, dichiara inammissibile il ricorso, confermando così la decisione impugnata.

La Corte di Cassazione osserva che, all’esito dell'istruzione probatoria condotta nel corso del giudizio, il giudice d’appello ha riconosciuto l’impossibilità di individuare quale delle due alternative causali emergenti dagli atti – derivazione delle cellule maligne che originarono la recidiva dall'accrescimento della massa tumorale originaria non tempestivamente individuata dai sanitari della casa di cura convenuta (ipotesi favorevole agli eredi) oppure derivazione delle predette cellule maligne dalla spontanea attivazione delle stesse cellule in quanto esistenti in loco da tempo incerto, indipendentemente dalla tardiva scoperta del tumore originario (ipotesi favorevole alla casa di cura) – avesse un margine di attendibilità più rilevante rispetto all’altra e, quindi, potesse essere definita “più probabile che non”; che conseguentemente è stata giustamente respinta la domanda di risarcimento dei danni in difetto della prova da parte degli eredi dell’esistenza del nesso causale tra l'omissione dei sanitari della casa di cura convenuta e le conseguenze mortali del tumore nonché dell'avvenuta dimostrazione dell'effettiva sussistenza di chances, ragionevolmente apprezzabili, di guarigione o di una più lunga sopravvivenza del malato; che, d’altra parte, spetta al danneggiato fornire la prova del nesso causale tra il comportamento (in questo caso omissivo) del preteso danneggiante e il danno lamentato, con la conseguenza che ricadono sul paziente le incertezze che sul piano scientifico caratterizzano la possibilità di fornire adeguate spiegazioni sul punto.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

group_work Consenso ai cookie

Accedi

Megamenu

Confronta0Lista dei desideri0

Il tuo Carrello

Non ci sono prodotti nel carrello