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Il falso materiale in cartella clinica si realizza quando si interviene modificando una annotazione definitiva

Il falso materiale in cartella clinica si realizza quando si interviene modificando una annotazione definitiva

Un ginecologo ospedaliero viene condannato in primo grado alla pena ritenuta di giustizia in quanto ritenuto colpevole del reato di falso materiale continuato in atto pubblico (artt. 81, comma secondo, e 476, comma secondo, c.p.) per avere alterato la cartella clinica di una paziente redatta da una specializzanda su sue istruzioni, cancellando con correttore bianco alcune parole relative alla diagnosi di ingresso e a quella contenuta nel quadro riepilogativo e inserendo alcune parole in relazione ai dati anamnestici sulla gravidanza e in corrispondenza della diagnosi, nonché nel foglio informatico del registro operatorio.

La Corte d’Appello, invece, riforma la sentenza impugnata e assolve l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Il Procuratore Generale ricorre in cassazione ritenendo non corretta la motivazione con la quale il ginecologo era stato assolto.

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 3336/2023, depositata il 25.01.23, respinge il ricorso avanzato dalla pubblica accusa, confermando così l’assoluzione dell’imputato.

La Suprema Corte nell’evidenziare la peculiarità della vicenda osserva che dalla sentenza d’appello si evince che l’imputato, sentito dal P.M., aveva subito ammesso le alterazioni contestate sostenendo di avere avuto interesse a far emergere le specifiche condizioni di salute della sua paziente che lo avevano indotto a praticare il taglio cesareo in anticipo rispetto alla trentanovesima settimana di gravidanza e, quindi, in contrasto con le disposizioni impartite dal primario del reparto; che, inoltre, il ginecologo aveva agito quando ancora la documentazione clinica non era uscita dalla sua sfera di disponibilità; che, comunque, quale responsabile della prestazione sanitaria eseguita il medico aveva il potere di verifica e di integrazione delle annotazioni eseguite da una specializzanda.

D’altra parte, in base al terzo comma dell’art. 38 del D. Lgs. n. 268/1999, l’attività dello specializzando si svolge sempre sotto la vigilanza del medico strutturato con il quale collabora.

Infine il ginecologo, che ben conosceva le condizioni della sua paziente, è intervenuto per apportare alla cartella le modifiche incriminate in un momento nel quale le singole annotazioni effettuate su sua indicazione dallo specializzando non avevano ancora acquisito alcuna connotazione di definitività in quanto non ancora verificate e controllate dal tutor.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano e magistrato tributario

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