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Decesso per neoplasia polmonare da amianto e concorso di colpa per tabagismo

Decesso per neoplasia polmonare da amianto e concorso di colpa per tabagismo

La competente Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, liquida in favore degli eredi di un lavoratore deceduto per una neoplasia polmonare la complessiva somma di euro 464.625,71, accertata la responsabilità della SpA datrice di lavoro nell’insorgenza della malattia contratta a seguito dell’esposizione a sostanze nocive sul luogo di lavoro.

La SpA ricorre in cassazione deducendo, tra l’altro, la mancata considerazione dell’efficienza causale del fatto colposo (abitudine al fumo di sigaretta) del soggetto leso, fatto che ha avuto conseguenze sulla determinazione dell'entità del risarcimento, tenuto conto delle risultanze della C.T.U. che ha attribuito efficacia causale anche a fattori non lavorativi nella misura di 2/3.

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 27572/2024, depositata il 24.10.24, accoglie il motivo di ricorso relativo alla richiesta applicazione dell’art. 1227 c.c. (che, al primo comma, recita “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”), cassa conseguentemente la decisione impugnata e rinvia ad altro giudice in sede di appello che dovrà rideterminare il danno applicando la predetta norma.

La Suprema Corte osserva che certamente il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale a ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni; che, pertanto, sulla base della C.T.U., giustamente è stato accertato il nesso causale tra esposizione del lavoratore ad amianto sul luogo di lavoro e la patologia tumorale contratta riconoscendo rilevanza concausale al tabagismo; che questa concausa non è stata idonea a interrompere il nesso (con)causale dell’esposizione sul luogo di lavoro a sostanze nocive nella produzione della patologia tumorale a origine multifattoriale per cui è causa; che, peraltro, la sentenza impugnata non ha applicato correttamente l’art. 1227 c.c.; che, invero, nell’espressione “fatto colposo” rientra il fumo attivo, che costituisce un atto di volizione libero, consapevole e autonomo di soggetto dotato di capacità di agire; che, quindi, il risarcimento del danno deve essere proporzionalmente ridotto in ragione dell'entità percentuale dell'efficienza causale del comportamento della vittima affetta da tabagismo. 

A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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