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Confisca di porzione dell’immobile adibita a clinica per l’abusivo esercizio della professione medico-chirurgica

Confisca di porzione dell’immobile adibita a clinica per l’abusivo esercizio della professione medico-chirurgica

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la recente sentenza n. 28455/2025, depositata il giorno 04.08.25, ha accolto il ricorso di un soggetto (imputato del reato di cui all’art. 348 c.p.) avverso il provvedimento di confisca della porzione di un immobile di sua proprietà adibita a clinica per l’abusivo esercizio della professione medico-chirurgica affermando che non è sufficiente il solo accertamento, sul quale si sono focalizzati i giudici di merito nel caso in esame, che ivi sia stata svolta sistematicamente e abitualmente l’attività illecita, ma, al fine di evitare una indiscriminata compressione del diritto di proprietà e di uso del bene, è necessaria anche la verifica della sussistenza di un rapporto di correlazione indefettibile, intrinseco, essenziale, e non occasionale, con il reato, cioè indispensabile per l'attuazione della condotta illecita e tale da rivelare che detto bene è oggettivamente e specificamente predisposto per la commissione di futuri reati.

La Suprema Corte ha sottolineato che nella fattispecie non può considerarsi automaticamente da confiscare la porzione di immobile in cui è stata esercitata abusivamente la professione medica, non avendo il giudice di merito esaminato se, alla stregua sia delle modalità della condotta che della conformazione della porzione dell’immobile oggetto di confisca, tenuto, altresì, conto della diversa destinazione a B&B dell’altra porzione non confiscata, sussista o meno un rapporto di esclusiva correlazione con il reato, sintomatico della pericolosità del bene medesimo.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca della predetta porzione dell'immobile con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della competente Corte di appello.

A cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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