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Conseguenze della lesione del diritto all’informazione e alla conseguente scelta consapevole del trattamento

Conseguenze della lesione del diritto all’informazione e alla conseguente scelta consapevole del trattamento

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la recente sentenza n. 26104/2022, depositata il 05.09.22, richiamando alcune sue precedenti decisioni in materia, ha ribadito i seguenti principi di diritto: 1) la manifestazione del consenso del paziente (o dei genitori se il paziente è minorenne) alla prestazione sanitaria costituisce esercizio del diritto fondamentale all'autodeterminazione in ordine al trattamento medico propostogli e, in quanto diritto autonomo e distinto dal diritto alla salute, trova fondamento diretto negli artt. 2.13. e 32 della Costituzione; 2) l'inadempimento dell'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente è fatto autonomo rispetto a quello inerente al trattamento terapeutico, ma non può affermarsi una assoluta autonomia dei due illeciti tale da escludere ogni interferenza tra gli stessi nella produzione del medesimo danno; è possibile, invece, che anche l'inadempimento dell'obbligazione relativa alla corretta informazione sui rischi e benefici della terapia si inserisca tra i fattori "concorrenti" della serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo quindi riconoscersi all'omissione del medico una astratta capacità plurioffensiva, potenzialmente idonea a ledere due diversi interessi sostanziali, entrambi suscettibili di risarcimento qualora sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di essi siano derivate specifiche conseguenze dannose; 3) qualora venga allegato e provato, come conseguenza della mancata acquisizione del consenso informato, unicamente un danno biologico, occorre accertare, mediante giudizio controfattuale, quale sarebbe stata la scelta del paziente ove correttamente informato, atteso che, se egli avesse comunque prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento (o di cure), la conseguenza dannosa dovrebbe essere imputata esclusivamente alla lesione del diritto alla salute se determinata dalla errata esecuzione della prestazione professionale; se, invece, l’interessato avrebbe negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile "ab origine" alla violazione dell'obbligo informativo, e concorrerebbe, unitamente all'errore relativo alla prestazione sanitaria, alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno-conseguenza; 4) le conseguenze dannose che derivino dalla lesione del diritto all'autodeterminazione, verificatasi in seguito ad un atto terapeutico eseguito senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli, e dunque senza un consenso legittimamente prestato, devono essere debitamente allegate dal paziente, sul quale grava l'onere di provare (anche attraverso il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni) il fatto positivo del rifiuto che egli avrebbe opposto al medico.

Entro questi limiti, pertanto, sono risarcibili i danni conseguenti all'omissione o all'inadeguatezza informativa.

La Suprema Corte, inoltre, ritenuto che la parte danneggiata ricorrente (genitori di un minore deceduto in un nosocomio dove era ricoverato e curato in quanto affetto da leucemia linfoblastica acuta) ha giustamente censurato la sentenza d’appello impugnata per non avere esaminato la dedotta questione della rilevanza nel caso di specie della mancanza di una corretta informativa e della conseguente lesione del diritto all'autodeterminazione nella cure, ha annullato la sentenza di secondo grado rimettendo la causa ad altro giudice per una verifica della fondatezza o meno della predetta questione alla luce dei principi di diritto sopra riassunti.

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