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Danni da vaccinazione antipoliomelite tipo Salk avvenuta nel 1960

Danni da vaccinazione antipoliomelite tipo Salk avvenuta nel 1960

La Suprema Corte, con la recente sentenza civile n. 26255/2022, depositata il 06.09.22, nel decidere una controversia relativa alla richiesta di danni in tesi subiti in seguito ad una vaccinazione antipoliomelite tipo Salk avvenuta nel 1960, ha affermato che il giudice d’appello giustamente aveva respinto l’eccezione di prescrizione avanzata dal convenuto in quanto dal Ministero della Salute non risulta essere stata fornita la necessaria prova che il danneggiato prima della presentazione della domanda dell’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 fosse in possesso di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla vaccinazione, circostanza certamente molto rilevante quando l’interessato è privo di conoscenze mediche.

In sostanza il termine di prescrizione decorre non dal giorno in cui il terzo determina, con il proprio fatto colposo o doloso, la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo.

La Cassazione, inoltre, ha osservato che la sentenza d’appello con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento deve essere annullata perché non ha adeguatamente valutato l’esistenza o meno di profili di colpa a carico del Ministero e cioè se la pericolosità del vaccino iniettato fosse o meno nota all’epoca dei fatti e se sussistessero, alla stregua delle conoscenze di quel momento, ragioni di precauzione tali da vietare quel tipo di vaccinazione o da consentirla solo con modalità idonee a limitare i rischi ad essa connessi.

In sostanza, una volta accertato dalla competente Commissione Medica prevista dalla legge n. 210/1992 il nesso di causalità materiale tra la vaccinazione e il danno, occorre pur sempre verificare in modo corretto la sussistenza o meno dell’elemento psicologico dell’illecito civile in tesi conseguente al comportamento tenuto dal Ministero.

La Suprema Corte ha quindi demandato questo accertamento ad altro giudice d’appello.

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