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Articolo del 25/02/2016
Categoria: Professione & Clinical Governance
Le nostre riviste Macroscopico conflitto di interessi
a cura di
Pubblicato il 25/02/2016 da Sergio Fucci
L’art. 323 c.p. intitolato “abuso d’ufficio”, tra l’altro, impone al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio anche di astenersi dal compiere atti amministrativi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e sanziona l’omessa astensione diretta a far conseguire al soggetto favorito un ingiusto vantaggio patrimoniale con la grave sanzione della reclusione da 1 a 4 anni di reclusione.
Il dovere di astensione sancito dalla predetta norma ha rilevanza generale e quindi opera anche quando nel procedimento amministrativo in cui rileva il conflitto di interessi manchi una specifica disciplina al riguardo.
Questi principi sono stati affermati dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la recente sentenza n. 48913/2015, depositata il 10/12/15, che ha accolto il ricorso avanzato dalla pubblica accusa (PM) contro un medico dirigente di una struttura complessa di una Asl che era stato assolto dai giudici di merito dalla contestazione del reato previsto e punito dall’art. 323 c.p. per avere designato la propria moglie quale componente di una commissione per l’accertamento dell’idoneità pisco-fisica per il conseguimento delle patenti di guida, così procurandole un ingiusto vantaggio per il conseguimento dei relativi gettoni di presenza.
La Suprema Corte ha quindi annullato la sentenza assolutoria perché in contrasto con i suddetti principi e ha rinviato gli atti ai giudici di merito per un nuovo giudizio che dovrà tenere conto del fatto che in seguito all’atto di designazione emesso in una situazione di macroscopico conflitto di interessi la moglie dell’imputato ha ricevuto un incarico amministrativo, con conseguimento di vantaggi patrimoniali ingiusti.